Spengler il coraggio di guardare CLOSE
Appesi alle pareti con fare disinvolto ma pensato, avevano sapore del “come se niente fosse”. Erano paesaggi trattati quasi alla fin-de-siecle e trascorrevano le loro ore invitando ad essere guardati a lungo. Gina Spengler aveva trovato il coraggio di invitare a guardare, osservando il proprio guardare. In fin dei conti era quello che voleva. Le piccole tele ornavano simmetricamente le pareti della galleria Sala I disprezzando il “fai da te” e le agenzie di viaggi. Erano tele apittoricistiche, un colpo netto al tempo libero. Gina Spengler viene da lontano: è pittrice che ricerca consapevole che la ricerca è studio e metodo.
Anni fa albergava i suoi quadri in spazi decentrati e senza pubblicità. Non ha niente a che vedere con il salotto o la camera da pranzo dell’orpello o del “vediamoci a tal posto e prendiamo una cosa”. Conosce la composizione e il colore che stende con destrezza sui supporti industriali.
Sceglie il colore e non la parola colore. Sceglie paesaggio e non l’indugiare dell’occhio verso l’orizzonte. Sceglie le misure come porzioni di occhiate e abbraccia con coraggio i trecentosessanta gradi di spazio. Ricerca lo spazio amando la vitalità del colore che, se lasciato con metodo lungo gli argini della natura, sa come fissare sulla tela: mare, cielo, terra e aria. Materializza così l’ironia del dar forma all’illusorio, al fantasmatico e anche al magmatico.
Gina Spengler attinge le sue idee dall’intelletto e non dai sentimenti. È pittrice che sconvolge la tecnica filmica e fotografica per ridare alla serialità la consecutio temporum che è andata perduta.
Non si tarda a capire che Gina Spengler è pittrice che possiede uno scoperto significato simbolico e che ritrova le note più calde del paesaggio umano e quelle di un tenace accanimento a dipingere e vivere la sua stagione del colore e dell’arte
Enrico Gallian
l’Unitá - 3 gennaio 1989